Testimonianza di Francesco

TutoreLa prima missione della mia vita è stata a Riccione nel 2009, da allora non ho più saputo rinunciare a trovare, anche nel contesto di Padova, tutti i modi possibili ed immaginabili per portare l’Amore di Dio sulle strade, sulle piazze, nelle scuole, ai giovani in modo particolare e a chi più soffre situazioni di disagio.
Tornare a Riccione dopo questi quattro anni è stato motivo di grande felicità. La gioia intensa che ho provato nel partecipare alle sante Messe prima di partire per le affollate vie della sera, la gioia nel vedere l’entusiasmo e la carica dei miei compagni di atelier, che nonostante la stanchezza e le difficoltà non si sono risparmiati minimamente, la gioia profonda, interiore, provata in certi incontri speciali, non provo a descriverla, perché non ci sono parole e perché internet rende l’impresa ancora più difficile.Vi condivido il risvolto pratico e il souvenir che mi porto addosso dall’ultima sera di missione e che trovate in foto. Qualcuno di voi mi ha visto con il braccio dolorante, altri no, a tutti dico che alla fine non si è rivelato nulla di particolarmente grave – due piccole infrazioni al polso e al gomito – ancora un paio di settimane dovrei tornare come prima. (pregate, perché sono un arpista e il polso DEVE tornare in piena funzionalità!)
La caduta accidentale dalla slakline sabato sera prima di cena ha messo a dura prova la mia gioia ed il mio abbandono al Signore, ma è stato nel vedere il coraggio e la generosità di tutti i miei compagni di missione che sono riuscito a sorridere e ad “abbracciare gratis”, almeno con la sinistra, anche i giovani di quell’ultima notte in viale Ceccarini.

Riflettendo e pregando nei giorni successivi mi sono chiesto più volte (e l’ho chiesto a Dio) se doveva proprio succedere un incidente del genere, proprio durante quei giorni di grazia che avevo consacrato a Gesù e ai fratelli. E ho cercato di farmene una ragione, ecco dunque ciò che spero di aver imparato:
– Ogni evangelizzazione porta con sé anche una dimensione di lotta spirituale, perché a “quello del piano di sotto” non va certo a genio che qualche figlio di Dio venga liberato dalla sua morsa. Quindi la preghiera, prima dopo e durante la missione, è fondamentale ed è importante puntare la nostra attenzione non tanto su ciò che noi facciamo o diciamo, ma ciò che Dio opera nel segreto dei cuori. E solo la preghiera può donarci occhi per scorgere l’azione dello Spirito Santo.

Prego dunque in questi giorni di convalescenza con il polso bloccato, cercando di offrire con pazienza ogni piccolo disagio, affinché ciò che Dio ha seminato in quei giorni tramite il nostro operato possa portare frutti abbondanti di conversione.
Grazie a tutti! Dio vi benedica, Francesco

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